È l’ultima domenica di agosto, io e mio marito siamo a casa; la sera prima ha piovuto molto.
Dice mio marito: “Speriamo che il Sangone si riempia un po’, perché ci sono passato ed era impressionante… l’acqua era pochissima”. Facciamo una passeggiata, così ci togliamo di casa ed andiamo a vedere se il Sangone sta meglio”. Passeggiare a noi anziani fa bene, si sa… dal calcagno del piede partono impulsi circolatori che vanno fino al cuore. “Andiamo al Boschetto, non è lontano, una mezz’oretta di camminata”.
Partiamo per raggiungere questo spazio verde. Siamo arrivati: “ah qualcuno si è rifatto il bagno”, commenta mio marito, perché la prima cosa che vediamo non è il verde, ma una montagnola di piastrelle rotte. Succede… proseguiamo, gli occhi vedono, il cervello registra. Siamo un po’ depressi, forse era meglio se ce ne stavamo a casa: vasetti di estathè, bottiglie vuote, carta di di alimenti di tutti i tipi, vassoi della pizza. L’erba è secca, ingiallita, di fronte a questo spettacolo di involucri vari abbiamo una sensazione di abbattimento. C’è poco da dire, stiamo facendo una passeggiata in un brutto posto, i nostri conoscenti sono sotto gli oleandri della Liguria e noi qua passeggiamo fra la spazzatura? Questa è la realtà.
Ma noi siamo venuti per vedere se il Sangone sta meglio, proseguiamo, sentiamo lo scorrere dell’acqua. Si, c’è dell’acqua, poca, ma il Sangone è ancora vivo. Nella testa c’è però quel tragitto in mezzo alla spazzatura che dobbiamo ripercorrere per tornare indietro. Ripenso agli accostamenti di cibo che qualcuno in altri momenti ha consumato.
Passano le ore, dobbiamo cucinare la cena. Fa caldo, c ’è poco appetito, decidiamo per un po’ di stracchino e un risotto preparato e poi magari una macedonia. Sì, in frigo c’è tutto, ho fatto la spesa ieri. Quando apro lo stracchino mi fermo, colpita dal particolare impacchettamento. Ci sono tre strati di materiale: la scatola di plastica che lo contiene, della carta ruvida e un’altra carta sottilissima. Lo stracchino è piccolo, pochi centimetri in tutto, ma le carte sono ingombranti, tante, inspiegabili. Poi apro la minestra pronta, c’è il primo contenitore colorato con una magnifica fotografia di un risotto gourmet, poi altra carta che ricopre il contenuto, poi una scodellina in plastica nera per il risotto. Il nostro pasto è di poco conto, ma il contenitore delle immondizie che uso per la plastica è pieno. Vado a portare il mio sacchetto nel contenitore grigio, quello per i rifiuti non alimentari: è pieno, non riesco a chiudere.
Una domenica qualsiasi…. e tanti contatti con i rifiuti. Rivolgo una domanda ai produttori di stracchino: non basta un solo involucro per un pezzettino di formaggio? Lancio un appello ai produttori di minestre preparate. Sappiamo benissimo che la fotografia del vostro risotto non rappresenta la realtà, lasciate perdere e smettetela di aggiungere altri imballaggi… Altrimenti prima o poi saremo sommersi dagli involucri di cibo.
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