Con lo scoppio della pandemia, le aziende del food delivery hanno registrato un’accelerazione da record. «Abbiamo raggiunto un più 15 per cento nell’ultimo trimestre del giro d’affari legato alle consegne a domicilio», spiega Davide Canavesio, ceo di Dnpo, la società che gestisce Domino’s Pizza. È il franchising d’importazione della rete di pizzerie made in Usa. Un brand amato dai più giovani e da chi non ha voglia o tempo di cucinare. Con un clic si può ordinare e ricevere sul pianerottolo un menu lunghissimo. A base della più semplice margherita o dell’esotica hawaiana. Questione di gusti. Ma nel borsone dei rider in blu — assunti e in sella a scooter elettrici, a differenza delle altre aziende — è compreso anche il packaging. Scatole di cartone, bottiglie delle bibite, sacchetti e scontrini. Un bel po’ di rifiuti, in continua crescita visto il successo del delivery, che però non è facile da smaltire.
È partendo da questo dato di fatto che è nato un progetto di Domino’s Pizza con Amiat . Una nuova campagna informativa che dal 5 giugno, Giornata Mondiale dell’Ambiente, unirà ai cartoni della pizza un maxi post-it con le indicazioni per il corretto smaltimento dei rifiuti prodotti dal food delivery. Un vademecum con tutte le istruzioni da seguire per potersi liberare correttamente di quel che resta di una cena ordinata sul web. I rifiuti organici, gli stecchini in legno del gelato e i tovaglioli, per esempio, devono essere gettati nei bidoni marroni dell’organico. Le lattine e gli imballaggi non in carta, compresi i sacchetti delle posate, devono finire rispettivamente nelle campane del vetro e nel cestino della plastica. E tutto il resto? I cartoni della pizza, i sacchetti di carta e le coppette del gelato sono da considerare rifiuti non recuperabili. Quando non sono puliti o macchiati di olio non possono essere riciclati.
«Iniziative come queste sono importanti perché rappresentano una risposta a nuove abitudini di consumo — sottolinea il presidente di Amiat Gruppo Iren, Christian Aimaro — . Vogliamo sensibilizzare l’utente che utilizza il delivery con un nuovo veicolo di comunicazione. Iniziare con Domino’s Pizza è un valore aggiunto e siamo a disposizione del territorio e degli esercenti che vorranno seguire questo esempio». Ad onore del vero, Amiat ha provato a contattare anche altre multinazionali della gig economy, ma nessuna si è mostrata interessata a distribuire il vademecum adesivo. «È un grande post-it da attaccare al frigorifero. Può tornare utile anche se si ordina su altre piattaforme», commenta con un sorriso Canavesio. Imprenditore consapevole anche del peso delle scelte ecologiche in un business come il delivery. «La sfida ambientale, da vincere responsabilizzando ogni livello della filiera, è molto sentita tra i nostri clienti». Parliamo dei giovanissimi e di quella generazione protagonista della battaglia contro la plastica, per esempio.